Chi ha studiato ci insegna che le fiabe aiutano i bambini a razionalizzare le sfide della vita. Quindi uno ascolta, impara e quando è il momento sa come comportarsi. Allora seguitemi per un istante: anche le “fiabe per adulti” dovrebbero avere la stessa funzione, no? Si racconta per razionalizzare, ogni storia è l’esempio di come si supera una sfida per tornare alla vita ordinaria più forti e maturi. Ma siamo diventati bulimici, le storie non ci bastano mai e veniamo sfamati in continuazione. Sto parlando di serie tv, Netflix e compagnia: c’è gente che divora episodio dopo episodio, senza staccarsi, senza fare caso magari che ha cambiato serie ed è passato da un horror a un poliziesco o viceversa. Come succede a Carmelo in “Bab-al-Sifà-o-come-si-intitolerà”. E tutte le saghe di supereroi supertormentati e supersfigati? Trilogie su trilogie non fanno che spingerci a rientrare in nuove storie, in perenne apnea. Uscire per fare la spesa è diventato la fuga dalla realtà, la pausa. Ormai le storie più consumate – quelle cinetelevisive – non insegnano più come fuggire dal bosco e sopravvivere al lupo: sono loro il bosco e ci spingono verso il centro, dove il lupo ha fame di nuove visioni. Il pubblico vive in quel mondo e non torna più in quest’altro per applicare gli insegnamenti appresi in un racconto.
Quindi, leggiamo più libri cartacei, più racconti di solo testo. Ma leggiamo quelli giusti.
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